VICTORIA - "Non è semplice essere Regina" Recensione dell'episodio 2x03 "Warp And Weft"

Vittoria e Albert fanno il loro ingresso solenne davanti alla corte, in un richiamo ai tempi dei Plantageneti, a regni antichi e dorati, fatti di sogni e splendore. Un regno magico e inarrivabile, estraniato dal resto, dove per una notte tutto sembra possibile, la Regina ha un Re, e tutti possono essere qualcun altro dimenticando la realtà per una sera.

Le ampie gonne in seta ruotano in fruscii sfarzosi ad ogni passo di danza sul pavimento bagnato di luce dorata, in un crescendo di musica. Dal buio che prepotente si mostra oltre i vetri il popolo si spinge arrabbiato contro i cancelli, insieme alla cruda realtà degli eventi.
“Now is the winter of our discontent”
La presa di coscienza di Vittoria, di fronte alla reazione del popolo è una scena in cui regna la musica in un crescendo drammatico, alternata alle urla e allo scontento del popolo. L’espressione mortificata e sconfitta della Regina è emblematica.
Le sue buone intenzioni non sono state capite e riconosciute. Il ballo era stato indetto appositamente per far lavorare i tessitori e portare l’attenzione del caso al Parlamento, ma ciò di cui hanno discusso le camere è quanto la Regina abbia speso, quanto cibo sia stato preparato per uno frivolo atto come una festa. La Regina commissiona un abito da 64.000 sterline,  mentre il popolo muore di fame.
“Non hanno bisogno di balli, hanno bisogno di pane”
L’indigenza della popolazione, ha radici in un malessere che non ha la pazienza di capire le motivazioni che si possono celare dietro a un ballo, come un occasione di lavoro, presentare le sete e il pregio alla nobiltà perché commissioni vestiti, e soprattutto porre attenzione sulla necessità di difendere i lavoratori inglesi dalle importazioni.
Il Primo Ministro Robert Peele  è stato lungimirante nel vedere dove avrebbero portato l’ingenuità e le buone intenzioni di Vittoria, ma la causa era giusta. Quando il signor Bascombe si è presentato da lei, per chiederle espressamente di proteggere il lavoro dei tessitori di Spitafields, minacciato dalle sete importate a costo più basso, Vittoria, vedendo la qualità inferiore del prodotto proveniente dal continente, ha deciso di dover aiutare e cercare un modo per tutelare i tessitori inglesi. La loro causa non viene perpetrata perché i tessitori non hanno posto alla camera dei Lord e l’idea di applicare una tassa per proteggerli simile alle Corn Laws non verrebbe ascoltata.
“Io darei la colpa al Primo Ministro, che mi impedisce di avere pane a basso costo supportando le Corn Laws” risponde Vittoria a Robert Peele.


La nostra Regina comunque, mostra sempre tutta la grazia e la pietà che l’hanno sempre contraddistinta, delusa da ciò a cui hanno portato le sue buone intenzioni, si ritrova a fissare nella luce bianca del mattino gli avanzi e lo spreco del buffet della festa. La decisione di dare tutto ai poveri  non mi ha sorpreso. È sempre stata conscia del suoi limiti e anche dei suoi sbagli, e tiene sinceramente al suo popolo. Lo dimostra andando di persona, con la sola compagnia di Miss Skerrett, a vedere il quartiere di persona, e a trovare Mr Bascombe. 
“Vi ha apportato dei benefici?” chiede.
La risposta positiva dell’uomo la risolleva, le fa almeno pensare e sperare di aver fatto del bene, nonostante le dure critiche dei giornali.
È un episodio questo, che porta due punti di vista opposti, quello della famiglia reale e quello del popolo, dove un azione viene vista come in uno specchio il contrario di ciò che voleva essere. Un piccolo spaccato delle volte in cui la monarchia non abbia compreso il suo popolo e viceversa. Due condizioni tanto diverse da non capirsi nelle priorità e nei modi.
Il ballo di Vittoria ha creato tanto clamore perché usato dall’opposizione e visto come spreco di denaro, sperpero di ricchezze quando la gente vive nell’indigenza, un rovescio della medaglia che la regina non aveva previsto perché lontana e estranea al loro reale punto di vista.
Perché se il popolo muore, la monarchia festeggia?
Un ballo oggetto di discussione, un “fallimento” preventivato dal Primo Ministro e anche da Albert, in cuor suo sapeva che non avrebbero visto il ballo di buon occhio, ma la sua ricerca continua di indipendenza lo porta a lasciarsi tentare e affascinare da una corona, anche se finta.

Storicamente, il Principe Alberto ha sempre sofferto delle difficoltà, prima poste dal parlamento inglese, e poi nel sentirsi “Solo un marito, e non un vero e proprio padrone di casa”. La casa della regina era infatti mandata avanti dalla sua corte, capeggiata dalla baronessa Louise Lehzen.
In questo episodio possiamo vedere come Albert inizi a occuparsi anche della gestione della casa, risentito perché quel piccolo vagabondo è riuscito a eludere la sorveglianza del palazzo, è deciso a prendere in mano la situazione col suo consueto fare pratico. Chiede e indaga perché le finestre all’esterno non vengano pulite, questionando un orgoglioso Penge e una Lezhen che se la ride sotto i baffi. Si accorge anche che i salari della servitù sono tremendamente bassi e per questo viene gonfiato il conto della spesa per rifarsi dei soldi. Da uomo pratico e di buon cuore, decide naturalmente di alzare i salari, così che le borse della corona non vengano derubate, sotto un incredulo e forse un po’ commosso Penge e una compiaciuta Lezhen.
Secondo la storia, la Baronessa Lezhen venne sempre più allontanata dal Principe Alberto, fino a cacciarla dall’Inghilterra. Visto come si stanno evolvendo le cose nella serie, non credo che si arrivi a tanto, Albert non sembra mal tollerare Lezhen e la stessa è stata di recente un appoggio anche per lui, quindi presumo che sia un fatto storico dal quale la serie si dissoci. È probabile che Lezhen possa andarsene, ma forse in modo meno turbolento e non di certo nell’immediato.
È stato molto familiare il momento in cui Victoria e Ernest scherzano su Albert tra loro; soli, senza dame di compagnia o paggi, mi sono sembrati tre giovani della loro età che giocano organizzando una festa, un momento di condivisione familiare privo di etichette. 

Gli attimi tra fratelli si sono finora rivelati un punto di forza e ora che Ernest ha deciso di ritornare a Coburgo non so come farò senza di lui. Il ballo, ha fatto rincontrare lui e Harriet, le ferite del cuore ancora non si sono rimarginate. 

 
Un amore impossibile che prova a parlare nel tempo di una danza, perché non possono aversi e non possono dimenticarsi. I loro cuori soffrono, così come quello di Whilielmina, a cui non resta che consolarsi con lo spartito che le ha donato prima di andarsene.
Ernest adduce la scusa del padre, ma credo che ormai quel luogo gli ricordi Harriet fin troppo e in un modo che non è più disposto a sopportare.
Nei downstairs, non succede molto, Miss Skerrett prende sempre più spazio, la vediamo anche durante una visita all’amica, sempre indurita e incattivita dalla sua condizione, mentre la simpatia tra Mr Drummond e Alfred Paget è ormai evidente e reciproca, è impossibile non fare il tifo per loro.




Il Primo Ministro Robert Peele si conferma un uomo capace in politica, e di buon senso, ma ancora poco esperto nel rapportarsi con la Regina facendole capire il suo punto di vista. Trova anima affine in Albert, al quale propone un progetto che sicuramente ha rischiarato l’animo del Principe. Il palazzo di Westminster, bruciato in un incendio anni prima, deve essere ricostruito. E i lavori vanno a rilento, il progetto continua a cambiare e non è ancora stata presa una decisione ben definita, manca qualcuno di deciso e pratico alla guida e Peele vede in Albert la persona giusta, dandogli un nuovo scopo e più rilevanza all’interno del regno.

“Vi sentite bene?”
“Non posso davvero dirlo”

Lord Melbourne in quella scena immersa nella luce, in cui i suoi occhi chiari e sgranati, più grandi del solito, ascoltano le parole inequivocabili del medico, ci spezza il cuore. Una verità dalla quale non può fuggire e che il suo corpo gli sta presentando con debolezze e tremiti.
Evita Vittoria perché non scopra della sua condizione, non risponde alle sue lettere, fino a presentarsi a un ballo, nel quale non è in grado di danzare fino alla fine con lei, salvato più volte e protetto da una silente e attenta Emma, spettatrice di tutto ciò che avviene a corte, e amica di Lord M., decisa ad assentarsi dalla Regina pur di portargli conforto e assistenza nella malattia.
La sorte di Lord M, è così inesorabile che persino lui sembra essersi reso conto soltanto ora della sua condizione.
“Da cosa vi vestirete?” gli  chiede Emma
“Da Dante, che verso il paradiso, non dalla parte opposta”.

L’incontro tra lui ed Albert mi è piaciuto molto, fino a questo momento non avevano mai parlato davvero, né si erano mai confrontati, e in un certo senso Albert gli chiede consiglio, lo informa della richiesta di Sir Robert, e se qualcuno potrebbe avere da ridire sul fatto che sia un Principe straniero a occuparsi del parlamento. 

I due uomini chiacchierano pacificamente, vecchie tensioni sono lasciate alle spalle, è un momento di confidenza, in cui Albert mette da parte la sua diffidenza e Lord M gli da il suo sostegno, così come farebbe con Vittoria.
Ed è proprio Albert ad accorgersi della malattia, e a riferirlo a Vittoria, facendosi promettere di non rivelare nulla a Lord M, perché non vuole che lei lo sappia.

La testardaggine di Vittoria, però, le impedisce di non fare nulla, e si presenta allora da Lord M con un dono, prendendo esempio dagli uccellini del signor Bascombe, gli regala una gabbia, con un uccellino meccanico in grado di intonare diverse melodie. Un incontro fatto di non detti a parole, ma che gli sguardi comunicano benissimo, dagli occhi preoccupati di Vittoria, a quelli pieni di commozione e tristezza di Lord M.

Un regalo per ricordarsi di lei, un dono d’addio, perché tra poco non potrà più viaggiare. I saluti sono piene di promesse impossibili che non potranno essere mantenute, la promessa di una lettera, o una cavalcata nel parco.

Un addio che si materializza nella morte di Dash, unica compagnia e amico di Vittoria negli anni a Kensington, un abbandono che spezza il suo cuore, rendendo ancora più vicina e concreta la malattia di Lord M, e la triste verità che quell’incontro è stato l’ultimo.





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Articolo di Cristina F.

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