IT - La SS Georgie ha solcato i mari ancora una volta. La recensione analitica del film di Andres Muschietti, (piena di spoiler ovviamente!)


“Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse anche di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia. La barchetta beccheggiò, s'inclinò, si raddrizzò, affrontò con coraggio i gorghi infidi e proseguì per la sua rotta giù per Witcham Street, verso il semaforo che segnava l'incrocio con la Jackson. Le tre lampade disposte in verticale su tutti i lati del semaforo erano spente, in quel pomeriggio d'autunno del 1957, e spente erano anche le finestre di tutte le case. Pioveva ininterrottamente ormai da una settimana e da due giorni si erano alzati i venti.”

La stessa pioggia e quella barchetta che corre velocissima nei rigagnoli d’acqua la ritroviamo nei primi minuti del film di Andrès Muschietti. Una scena presente nell’immaginario collettivo e che viene riproposta fedelmente facendoci rivivere quello che avevamo provato leggendo le prime pagine del romanzo, dove ci vengono mostrati due fratelli legati da un forte affetto e l’inizio di una storia di amicizia e di orrore. 



La scena che apre il film ci porta nel mondo di It permettendoci di riassaporare quelle atmosfere che avevamo conosciuto leggendo il romanzo, le paure ataviche di quando eravamo bambini, incarnate in una forma maligna, che in quella scena iniziale e per la maggior parte del film è sotto le sembianze di Pennywise, un clown dal costume storico e dall’aspetto grottesco. Lo vediamo per la prima volta emergere dalle fogne approcciando il piccolo Georgie in modo quasi pedofilo, e in cui si percepisce quanto sia una creatura affamata, impaziente di nutrirsi. Risulta terrificante e riesce ad abbindolare Georgie per il suo desiderio di riavere la barchetta. Anche il modo in cui è costruita la morte di Georgie funziona, non hanno edulcorato troppo. Non appena le fauci di It si chiudono sul braccio di Georgie c’è sì uno stacco, ma poi vediamo il bambino ritrarsi indietro con il moncherino che resta, in lacrime e che cerca di scappare. Non era affatto prevedibile che avrebbero mostrato questi dettagli, e, invece, la scena è sufficientemente d’impatto. Quei primi minuti di film sono già un ottimo richiamo alle prime pagine del libro e ricreano la stessa atmosfera, che poi viene perpetrata per tutto il film, che merita di essere visto al meglio delle sue potenzialità, cioè al cinema, con un sonoro e una risoluzione di valore, e preferibilmente il lingua originale. 

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La regia di Muschietti ci porta in una trasposizione sentita ed efficace di un romanzo impossibile da tradurre al cinema in tutta la sua forza narrativa. L’anima del capolavoro di King e la sostanza sono ben presenti nell’opera di Muschietti. Per quanto, per forza di cose, ci siano dei tagli e dei rimaneggiamenti di alcuni elementi, sono presenti tutte le emozioni che ho provato nel leggere il libro. Non è perfetto, non è uguale, ma accende la nostalgia di quell’amicizia che avevamo trovato tra le pagine, l’orrore di un mondo di adulti corrotti e l’innocenza contrapposta all’oscurità. "It" non è una rappresentazione senza pecche, ma ha rispetto e amore per la fonte orginale, perché se non ci soffermiamo troppo su ciò che era scritto in quelle pagine, ma alla sensazione che quelle parole ci trasmettevano, scopriremo che le emozioni  provate sono le stesse.
Può non essere semplice o immediato, ma se ricercate quelle sensazioni vedrete che sono tutte lì, in quel film.



"It" è una storia che comprende dentro di sé numerosi temi e sfumature. È un romanzo dell’orrore, è una novella sull'amicizia, racconta della dicotomia eterna tra bene e male in qualità di forze ultraterrene e del male, invece, perpetrato dall’uomo, sia attraverso la rappresentazione di quanto possano essere abusivi gli adulti sia attraverso le vicende che rimandano al bullismo, argomento finalmente di moda ai nostri giorni, meglio tardi che mai. Tutto questo viene ben riproposto nel film e ciò che conta principalmente è che ha saputo ritrovare la stessa magia presente nelle pagine. Vengono riportate al cinema le paure ataviche di quando eravamo bambini e credevamo dell’esistenza di un mostro in cantina o nascosto nel buio. Il film ci inquieta, e un momento dopo ci fa ridere e essere complici di un gruppo di ragazzini, non allo stesso modo del libro, è vero, ma riesce a riportare sul grande schermo una storia di terrore, che è quasi soltanto un pretesto per raccontare una grande avventura e la magia di ciò che può compiere un gruppo di ragazzi legati da una forte amicizia, perché ripropone la stessa speranza e quel senso di avventura con cui King ha scritto il romanzo.
Una sensazione che sul grande schermo non avevamo dagli anni '80 in film come "I Goonies", ad esempio, o, per citarne uno meno noto, ma che merita, "Scarlatti".
“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni” dicevano in "Stand By Me", ed è vero.
Questo è ciò che si prova guardando l'"It" di Muschietti. L’anima risiede in quei ragazzi a cui tutti siamo affezionati come se fossero nostri amici, e il film riesce a rappresentarli in maniera umana, non sono ragazzini perfetti, hanno tutti i loro difetti e debolezze, ed è proprio per questo che ci si affeziona e ci si ritrova. Attualmente questo filone è stato ripreso dall'ottima serie Netflix "Stranger Things", ma al cinema era trascurato da un bel po'.

"It" stesso, peraltro, non ha mai avuto un vero e proprio adattamento cinematografico, ma solo la mini serie degli anni '90, che, per quanto iconica, era un prodotto per la tv dal budget limitato e - anche se abbiamo amato e amiamo ancora Tim Curry - non disponeva dei mezzi per poter essere del tutto soddisfacente. Col passare degli anni l'influenza delle risorse contenute è emersa ancora più prepotentemente e si sentiva la necessità di riproporre la storia con gli strumenti attuali.

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A portare in sala, quindi, il primo adattamento cinematografico di "It", è la Warner Bros., con la regia di Andrès Muschietti, conosciuto e apprezzato per il suo horror gotico “La Madre”, film molto buono a livello tecnico e di forte impatto visivo. 
Muschietti è riuscito a mantenere l'indirizzo commerciale del film senza però per questo banalizzarlo. I jumpscares che assediano gli horror attuali, infatti, sono realizzati in maniera diversain "It", più inquietanti che da urlo facile. Persino i palloncini tanto iconici risultano un ottimo veicolo dell’orrore. Ogni volta che appaiono preannunciano la presenza dello stesso It, del male, e, proprio per questo, risultano uno spaventoso avvertimento per i personaggi e ancora prima per gli spettatori. Sulla bravura di Skaarsgard ci soffermiamo dopo, ma lui è veramente il mostro creato da King, in lui manca la vena giocosa del suo predecessore televisivo, che, infatti, nelle pagine non c'è. Senza nulla togliere al lavoro di Curry, questa versione è decisamente più fedele alla bramosia totalizzante che caratterizza il personaggio originale.

Va detto che questo film non è la trasposizione del romanzo nella sua interezza di 1300 pagine. Proprio per la sua complessità, è stato deciso di suddividerlo in più film e questo è soltanto il primo capitolo, che racconta la storia dei protagonisti da ragazzini.
Una scelta, sì commerciale, se pensiamo al “vizio” di dividere un romanzo presentato nella sua interezza in più parti, ma, in questo caso, anche sensata, perché se è stato impossibile per Muschietti riproporre interamente alcuni dettagli del libro, pur con un minutaggio generoso a disposizione, possiamo solo immaginare quanto sarebbe stato ostico inserire tutto in un'unica pellicola. Ci sarà quindi una seconda parte di cui al momento, purtroppo, si sa ben poco.

Questo capitolo lascia spazio all’infanzia, a quel particolare periodo appena prima di diventare adolescenti e a quell’estate indimenticabile. I Perdenti diventano e sono l’anima del film, in un età in cui si comincia a diventare ragazzi, ma si ha ancora una componente infantile che non segna ancora un adolescenza completa. E il cast ha un alchimia pazzesca, sono apprezzabili tutte le rappresentazioni dei ragazzi, e risultano efficaci nonostante il cambio di background. Richie è una delle componenti migliori del film, rappresenta quell’amico dalla bocca larga che fa sempre battute ironiche anche quando non sarebbe il caso, tanto da risultare a tratti fastidioso, ma è allo stesso tempo molto coraggioso, e il discorso che fa nella tana di It, mentre si avvicina il finale, è molto sensato e motivante per se stesso e per gli altri. 



Beverly, forse uno dei personaggi più difficili da trasporre, è resa perfettamente. Una ragazzina che ancora non è diventata donna ma sta sbocciando, innocente e sensuale al tempo stesso. Era una cosa molto difficile da ritrarre ma ci sono riusciti benissimo. Il suo rapporto col padre è approfondito quanto basta, capiamo il grado di violenza fisica e psicologica che è costretta a subire. Il piccolo Ben, poi, ti entra nel cuore con la sua dolcezza e il suo coraggio e il suo amore per Bev, racchiuso in quell’haiku scritto sulla cartolina. Il suo background sembra esser stato scambiato con quello di Mike, che nel libro era colui che conosceva di più sulla storia di Derry e di It, ma non importa, perché nel contesto del film tutto fila bene e funziona. Eddie deve liberarsi di una madre iperprotettiva e dalla sua ipocondria, Stan deve superare le sue paure come tutti e la paura in sé e per sé per la creatura. E Billy deve elaborare il lutto per il fratellino, e questo è il suo percorso nel film, riuscire a capire e ad accettare la scomparsa di Georgie è fondamentale nel suo percorso di crescita. Perchè al contrario del libro, il corpo di Georgie non viene ritrovato, e Billy è quindi guidato dalla disperata speranza di poter ancora salvare il fratellino. Tutto culmina in quella scena finale, estremamente commovente, quando sono nella tana di It e Billy vede Georgie che piange e lo supplica di andare a casa e gli dice di volergli bene. Billy in quel momento riesce a superare il lutto e il desiderio di riavere il suo fratellino, capendo che quello non è veramente Georgie ma un'illusione di It e riesce a colpirlo sparandogli in testa dopo aver detto “Ti voglio bene anche io, Georgie”.


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Il Pennywise di Skarsgard è ben riuscito, è violento, ha una fisicità inquietante anche solo nella postura, segno che il personaggio è stato preparato e costruito con molta cura. Non è giocoso né allegro come quello di Tim Curry, anzi, risulta grottesco e inquietante, complice anche il costume da clown storico piuttosto che moderno. Aiutato dal trucco, con un semplice sorriso (molto sbavante) risulta spaventoso, ed è così che dovrebbe essere. Il Pennywise di It non è un clown giocoso e ballerino, come quello della versione televisiva, ma un clown grottesco e violento e l’interpretazione di Skarsgard funziona. L’idea sbagliata della prima trasposizione è che Pennywise fosse una personificazione adatta ad attirare i bambini, ma non è così. Pennywise è molto spaventoso, l’unico bambino che riesce ad avvicinare è Georgie, tutti gli altri si terrorizzano a vederlo, ed è quello che lui vuole. Perché It si ciba sì di carne umana, ma ciò che brama, ciò che lo nutre realmente è la paura, ecco perché usa le paure più profonde delle sue vittime e non è interessato a uccidere Beverly che si dimostra coraggiosa.
È reso bene, It, anche in tutte le sue altre personificazioni. Le mani dei genitori di Mike, il vagabondo lebbroso, la donna dal volto deformato o il ragazzo senza testa di Ben.

La scena dell’album fotografico è stata sostituita dalle diapositive ma rende bene perché lui esce dallo schermo, molto più grande, coi denti aguzzi sguainati. Nella scena della casa, poi, dà il meglio di sé. È costruita bene, ci sono dei bei momenti grotteschi con lui che esce dal frigorifero tutto disarticolato e la scena delle tre porte palesa tutto lo humor nero del mostro.


Purtroppo si è dovuta sacrificare quella che è la storia e la mitologia di It, o quantomeno la maggior parte. L’aspetto più lovecraftiano del mostro ideato da Stephen King si è un po’ perso, ma credo che tutto questo, così come la sua storia possa arrivare in seguito. Sarebbe stato effettivamente complicato adattare e inserire tutto, ed è chiaro che molte cose hanno dovuto essere omesse.

L’ambientazione del film è stata spostata agli anni '80, mentre nel libro i fatti della loro infanzia si svolgono negli anni '50. Se gli anni '50 potevano essere un background forse più efficace, l'espediente non mi è dispiaciuto perchè è stato fatto con una certa logica. Se avessero mantenuto gli anni '50, la storia di loro adulti sarebbe stata ambientata allora negli anni '80 e avrebbero quindi dovuto ricreare due ambientazioni storiche, così facendo invece possono tranquillamente ambientare la parte di loro adulti ai giorni nostri, risparmiando anche soldi ma soprattutto permettendoci di empatizzare più agevolmente.
L’ambientazione degli anni '80 è ben ricreata, e ti fa immedesimare molto bene. I titoli dei film che appaiono sull’insegna del cinema di Derry sono poi un piacevole easter egg.

Un aspetto importante che il film non edulcora è quello della violenza, e le scene sono più esplicite di quello che si poteva pensare, non solo per quanto riguarda It, ma anche per quanto concerne i bulli, con la cricca di Henry Bowers. Sono bulli violenti, piccoli serial killer in erba, purtroppo non c’era tempo per approfondirne le figure e soprattutto il rapporto di Bowers col padre, ma la loro violenza è ben resa, in particolare nella scena in cui incide con un coltello la pancia di Ben. Si capisce che è molto pericoloso, e, per quanto a livello superficiale, anche Bowers è ben riuscito. Purtroppo ha poca caratterizzazione, ma, ripetiamo, era difficile far stare dentro tutto quanto, anche se, considerato che nel prossimo capitolo avrà un ruolo fondamentale, avrebbero dovuto dargli un po’ più di minutaggio perchè il personaggio nella seconda parte potrebbe risentirne. 



Ciò detto,  è comunque di gran resa la scena in cui accoltella il padre, con It che gli regala il coltello mentre un programma per bambini che trasmettono in televisione viene trasformato con le persone presenti che lo istigano all’omicidio e tra le quali compare infine anche lo stesso Pennywise.

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Ha tinte differenti, non è esattamente come lo avevamo immaginato leggendo il romanzo, ma It è tornato dopo 27 anni e ha assunto una forma differente, è mutato, così come fa sempre, ma è decisamente lui e alla fine abbiamo galleggiato tutti.


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Articolo di Cristina F.

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